ARCIPELAGO EUROPA
un sogno senza confini
1) 1908 – Ivo
I campi, la bassa, la pianura.
Da queste parti scorre un fiume grande con un nome piccolo: taglia in due questa terra, sembra
fermo, ogni tanto si ribella agli argini. Serpentone che scivola tra una mare di prati e si getta in un
mare di sale.
Sono nato nel 1908, sotto il segno della rabbia, quella dei contadini che han scioperato per quasi
sessanta giorni contro i ricchi dell'Associazione Agraria, grassi proprietari terrieri sempre affamati,
ingordi.
Sono cresciuto tra sudore e sangue dei lavoratori della terra, strade bianche, freddo d'inverno, forno
d'estate.
Ho sempre fatto il muratore, parlo poco, risparmio il fiato per le bestemmie a briscola. Vita dura
quella del muratore, terra bassa come nei campi, calce e filo a piombo: ho imparato a costruire, un
mattone in fila all'altro. I mattoni son come le persone: uno da solo serve a poco, e in osteria ci si
ritrova. L'osteria, a me, mi ha insegnato il bicchiere mezzo pieno, l'altro mezzo era sete.
Qualche volta faccio naufragio in una scodella di lambrusco, un sorso di troppo e la tempesta ce
l'hai dentro.
Si finisce che tiri su muri e ti ci chiudi dentro, non ti domandi più cosa c'è dall'altra parte, da quale
parte del muro stai e soprattutto, e peggio ancora, se è la parte giusta.
Sono anni che non è concesso avere dubbi. Ho chiesto il passaporto per la Francia, nel 1930, son
finito sul libro nero e a me, quel colore lì, non è mai piaciuto.
Qui nella Bassa mi circonda l'afa di non sapermi libero: il futuro ormai è una minaccia e la storia
non la faranno i contadini. Son venuto al mondo nello stesso anno del manganello degli Agrari, che
nel '19 ha partorito suo fratello maggiore: il fascismo, olio di ricino e bastone per mandare giù
l'obbedienza. Certi lividi si curano solo al camposanto.
Dal grigio degli Agrari al nero del fascio, un muro viene su, tutto intorno: “Ogni italiano che lavora
ha diritto a un posto al sole” dice Mussolini. Ma il lavoro che intende è costruire una prigione con
dentro tutti quelli che non la pensano come lui.
Il mio sangue è sempre stato rosso e prima che si faccia nero me ne vado, in Francia.
Ho fatto su fagotto e c'ho messo dentro tutti i miei dubbi.
2) 1919 – fascismo
L'anno che son venuto al mondo, 1908, buttava male. Quelli dell'Associazione Agraria pagavano i
ragazzotti, gli sbandati, i rampolli, gli davano un pistola, una macchina e li mandavano in giro per la
Bassa a bastonare i diritti del popolo. La povera gente aveva solo il dovere di lavorare per i padroni.
Quel modo lì funzionava così bene che il fascismo l'ha trasformato in peggio: nell'ottobre del '22 la
dittatura fascista va al Governo, l'On. socialista Giacomo Matteotti denuncia tutte le porcate delle
elezioni d'aprile del 1924... e due mesi dopo viene rapito e ucciso a botte dai fascisti.
Nel gennaio del '25 Benito Mussolini, capo del Governo, parla alla Camera e si assume ogni responsabilità “morale, politica e storica” di quanto accaduto.
Il fascismo getta la maschera, esce allo scoperto: esiste una sola radio, un solo giornale, un solo
bastone... tutto nella mano del Duce, uno che s'è comprato con la forza un Paese che rimanda
sempre al salvatore dopo.
Da quel momento va solo peggio e la strada è a senso unico per l'inferno della dittatura prima e
della guerra poi.
Non tardano le leggi fascistissime, una lista di istruzioni obbligatoria per imparare l'obbedienza.
1925/26: libro unico fascista a scuola e tutti gli insegnanti obbligati a iscriversi al partito fascista,
niente più diritto di sciopero. Nasce il Tribunale di Stato: sentenze immediate e inappellabili, tacere
e obbedire... basta con la libertà di stampa e basta con la libertà. Ogni direttore di giornale dev'essere
nominato dal prefetto. Non avevamo ancora finito di spalare le merda della Prima Guerra
Mondiale... che tutto cominciava a crollare di nuovo. Ma i cocci più grandi li avevamo dentro, come
fantasmi, come malati che si ostinano a dire che andrà tutto bene, se non sei già andato fuori di
testa. E' così che la gente si affida a chi ti promette di risolvere tutto e subito. Io che ho sempre
usato i mattoni per costruire qualcosa, ho visto il fascismo usarli per infrangere la libertà.
E quando non è questione di chi ha più soldi è questione di chi mena più forte.
Della primavera non erano rimaste neanche le rondini, scappate dall' inverno fascista. La gente
aveva smesso di pensare, ci pensava il regime e se ti piaceva pensare diverso... il regime ti metteva
in castigo, ti dava il tempo e il silenzio, ma soprattutto il posto: via te e il tuo cattivo esempio.
Bastava una barzelletta “sbagliata” e passavi anni a contare i tramonti in mezzo al mare, su un'isola
a naufragare idee pericolose. Era il confino, un orizzonte inverso: diventavi tu quella linea
irraggiungibile ai confini del mondo, perchè il mondo si scordasse di te.
Prima di rientrare in Italia dalla Francia, ho passato due anni da miliziano rosso in Spagna, nella
Guerra Civile. Il rosso che sono doveva vedersi bene perchè m'han preso subito, non hanno
aspettato per caricarmi e spedirmi qui, confinato su un isola, senza libertà, ad affogare sulla terra
ferma di un'isoletta.
3) 1930 – confino
Io son muratore, sempre lavorato, schiena curva, pelle di cuoio. Paura della fatica no.
Tre cose non mi piacciono: i cipressi, i tramonti e i fascisti, han tutti un che di cimitero.
Ora è come andare al mio funerale, infatti son qui, a bordo di un postale sbandato dalle onde, con lo
stomaco che abbaia nausea: al cimitero c'ero andato, l'ultimo saluto a un amico comunista: nel posto
sbagliato, al momento sbagliato, dell'uomo sbagliato. Colpa delle “ammonizioni” fasciste, una
legge del '26 che ti bastava la spiata di un vicino di casa o festeggiare il Primo Maggio o stare sulle
balle al fascio, per dire.
Niente giudizio, nessun processo, niente prove: misura preventiva, prima che diventi un pericolo
per il regime. La camicia nera che mi scorta mi guarda vomitare fuori bordo poi mi fa “Sai
nuotare, almeno?” e io “C'mé 'n cuadrél...” (mattone in dialetto parmigiano - n.d.r.) e giù a dar da mangiare ai pesci.
Ventotene, si chiama l'isola. Prova a scappare, se sei capace.
Qui ci sono anarchici, socialisti, comunisti e quegli altri, i manciuriani.
Siccome ho più istinto che idee... dire che differenza c'è tra loro ci riesco solo con queste parole:
socialisti e comunisti stessa matrice, ma i comunisti vogliono prendere il potere con la rivoluzione,
tutto e subito; i socialisti vogliono la stessa cosa ma poco alla volta, entrando prima in parlamento;
per gli anarchici le idee van sperimentate nella vita quotidiana, partire da lì; pareva niente, ma
c'erano sfumature che potevano anche fare a pezzi una famiglia all'ora di pranzo. C'è anche dei
socialisti liberali di Giustizia e Libertà ma spiegare chi sono mi viene la bàsa... E i manciuriani?
Confinati tra gli isolati, spioni delle guardie.
Dove sono finito?
Ci sono 12 padiglioni, alcune donne, i tubercolotici, 800 confinati che per metà è comunista,
dicono. Non li ho contati, ma tra Carabinieri e camice nere son più di 300. Sta a vedere che adesso
l'isola s'impenna per il peso.
Ci danno un libretto rosso con le regole del confinato: orari da rispettare, nessun rapporto con gli
abitanti dell'isola, niente politica, scrivere al massimo una lettera a settimana di 24 righe… e la lista
della spesa prosegue.
I confinati hanno organizzato tante mense quante sono le idee politiche. Mi ricorda certe feste con
le cucine tipiche. C'è la biblioteca, che per qualcuno è una farmacia, ma io son muratore: che
mattoni ci faccio coi libri?
Hai poche centinaia di metri per camminare, passeggiare al massimo con un altro confinato, avanti
e indietro come gli animali in gabbia, con tutto questo spazio intorno che non ci puoi andare e tutto
il tempo del mondo che lo puoi solo guardare come un treno perso.
Io che ho sempre fatto il muratore, muto e testa bassa, mi circonda una marea di pensieri nuovi,
suggeriti da parole mai sentite, fra compagni d'isola che descrivono un futuro nuovo. Come se con i
libri si potesse costruire qualcosa. Come se le parole fossero mattoni e con questi si potesse fare un
ponte. Si può fare e tanto più siamo costretti qui, tanto più forte è l'idea che indica una destinazione,
questo sì, questo posso capirlo, questo mi piace. Un ponte! Oh... io son comunista, ma sono un
uomo e ci son momenti nella vita che anche il rosso vacilla di arancione...
Un'idea è come un progetto, ti fa guardare laggiù come qualcosa che è già meno lontano.
4) 1941 - Europa
Nonostante i divieti il confino non può impedire le idee degli antifascisti più impegnati: un'idea è
come il vento e a Ventotene ce n'è tanto. Il tuo corpo è là, ma puoi pensarlo altrove, perchè un
giorno tutto questo finirà e sarà tutto da cominciare. Per questo non c'è Benito che sia abbastanza
Mussolini da impedirlo, sia che si chiami Duce, sia che si chiami Fhurer.
Ivo è curioso di capire, ma capisce che non riesce a stare dietro al senso, ai ragionamenti, alle idee
che scavalcano la sua semplicità e proiettano il futuro oltre la vita di quest'isola.
Un argomento tiene banco più degli altri, grande come un continente, tanto grande che Ivo non sa
da che parte capire. Quello è Eugenio Colorni, “Se lasciamo che i vecchi nazionalismi tornino ad
affermarsi, l’occasione di questo sogno europeo sarà persa per sempre e nessuna pace e benessere
duraturo saranno sufficienti ad impedire che si riduca ad una semplice società delle Nazioni. Serve
un esercito federale, una moneta unica, l'abolizione delle barriere doganali e umane per consentire
il transito delle emigrazioni tra stati che ne faranno parte; politica estera unica e rappresentanza
diretta dei cittadini”.
Lui è Ernesto Rossi, “Occorre eliminare che monopoli e imprese possono ricattare gli organi dello
Stato imponendo la politica a loro più vantaggiosa; riforma agraria che aumenti il numero dei
proprietari terrieri e riforma industriale che estenda la proprietà dei lavoratori con gestioni
cooperative; diritto allo studio, come metodo per ridurre le distanze fra le posizioni di partenza;
solidarietà sociale verso i più deboli, non con forme caritative, avvilenti e produttrici degli stessi
mali le cui conseguenze si vorrebbero riparare; impegno dello Stato a garantire i diritti dei
lavoratori". Sua moglie Ada, di Golese, tanto vicino a Parma che è quasi parente di Ivo: “L’unità
europea è un esito necessario, quasi “naturale” della storia, che prima o poi deve giungere. E' nei
fatti, basta solo “volerlo” e continuare a “non mollare”.
Altiero Spinelli, era comunista, alto, spalle larghe, parla 7 lingue e disordinato come la ghiaia. La
vita più è rude e più sembra far presa su di lui. “La sovranità assoluta degli stati nazionali ha
portato alla volontà di dominio sugli altri e considera suo "spazio vitale" territori sempre più vasti
che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza senza dipendere da
alcuno. Questa volontà di dominio non potrebbe acquietarsi che nell'egemonia dello stato più forte
su tutti gli altri asserviti. Occorre fin d'ora gettare le fondamenta di un movimento che sappia
mobilitare tutte le forze per far sorgere il nuovo organismo, che sarà la creazione più grandiosa e
più innovatrice sorta da secoli in Europa. Pur lasciando agli Stati stessi l'autonomia che consente
una plastica articolazione e lo sviluppo della vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei
vari popoli”.
Tutti legati dal confino e dal destino, da questo disegno audace che si chiama Europa. Ivo li ascolta
discutere cose complesse e distinte che van da un muro all'altro tra loro, gli arrivano parole a volte
difficili, ma che la lentezza del tempo confinato gli permette di rimuginare e scoprire che qualche
parola galleggia nella sua curiosità e lì si mette in pace.
Afferra discorsi dai momenti in mensa, dai bagni consentiti in spiaggia, dalle passeggiate, fuori da
una bottega, prima di dormire. Ivo sente sussurrare idee che l'isolamento non può impedire, come se
le onde da fuori chiamassero per diffonderle ovunque.
Ivo prende a trasformare le parole difficili in semplicità, usa sassolini come fossero piccoli mattoni.
Vede l'idea, questa idea di Europa come non s'era mai vista né sognata. Comincia a vedere che i
muri sono molto più di quello che ha costruito, che possono essere casa e condivisa.
Spinelli, Rossi, Colorni, di nascosto, trascrivono su cartine di sigarette l'idea di Europa, foglietti
tanto sottili da evadere i controlli ed evadere da Ventotene.
L'evasione non è un messaggio in bottiglia, ma ricucito nella fodera del cappotto, fra i bagagli di Ursula, moglie di Colorni, e Ada, sperando che la perquisizione non le scopra prima di imbarcarsi sul postale che le riporta in continente.
Se tutto va bene magari finirà anche questa guerra e per ricostruire la vita ci sarà bisogno di
professori e muratori, perchè ogni dittatura presto o tardi cade e quando accade occorre essere
pronti.
'900 - cum finis
(Ivo in prima persona) “Quel pollo arrosto sapeva volare, Ursula e Ada, sangue freddo, avevano superato i controlli prima dell'imbarco. Il documento era arrivato a destinazione, andava battuto a macchina e diffuso il più possibile! Ci hanno liberato nell'agosto del '43. Il fascismo ci aveva isolati là, pensando che il mare sarebbe bastato a confinarci. A Ventotene credevo di essere lontano da tutto, mi sbagliavo. Ma anche il fascismo si sbagliava. All'inizio non ci capivo molto dei discorsi di Spinelli, Rossi e Colorni, ma c'era quella donna, Ursula Hirschmann, come Ada non era confinata, poteva fare visita al marito... l'ho sentita dire: “Non sono italiana, benchè abbia figli italiani, non sono tedesca, benchè la Germania una volta fosse la mia patria. E non sono nemmeno ebrea.” Poche parole, ma esatte e capaci di farmi vedere il senso delle cose.
I fascisti ci avevano messi su un'isola e l'isola ci aveva costretti a trovare un senso. Ci avevano tolto tutto ma ci avevano lasciato il tempo per ritrovarlo. Afferravo le parole che sarebbero diventate il manifesto di Ventotene, che per me erano giganti di pietra e mi sforzavo di capirle. Avevo bisogno di vederle così ho usato questi (sassolini). Era un'idea clandestina in cerca di pace.”
“Clandestina? Senza documenti!?”
“No! Allora clandestino voleva dire segreto, nascosto. Non come oggi, che è pregiudizio, accusa, condanna.”
“Questa Europa a volte è terra, a volte è arcipelago. A volte io sono fratello, a volte clandestino... a volte sono solo straniero. A volte mi sento come voi su quell'isola...”
“L'Europa è come la libertà: va continuamente costruita. Guarda qui, se costruisci solo un muro, uno solo è come un filo spinato, se costruito nel modo sbagliato divide, come un confine che taglia in due tutto: io da una parte e tu dall'altra, divisi, tagliati fuori. Invece ho imparato il senso della parola “confine” al confino! “Cum finis” è latino, vuol dire fine in comune con l'altro. Non è una cosa che separa, ma una cosa che unisce. Capisci?”
“Se capisco? Ho passato il deserto e il mare per scappare da una guerra... sfollati li chiamavate voi? Non sono io che devo capire... Dillo a quelli che mi chiamano clandestino.”
“Hai ragione, per questo la libertà va costruita ogni volta, anche se ce l'hai già, per impedire che ci sia qualcuno clandestino di qualcun altro. Manutenzione! Guarda come sei stato bravo, lì, preciso (indica un'apertura). La cosa migliore di un muro sono le porte: puoi passare attraverso, vedere oltre, non sei isolato né confinato. Io e te abbiamo qualcosa in comune, ognuno continua nell'altro. I muri sono anche una casa. L'Europa è come una casa.”
“Basta non chiudersi dentro.”
“Basta non chiudersi fuori.”
NB. inquadratura si allarga indietro e si vede la porta di Lampedusa.
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